La sordità ha aperto la mia vita a esperienze uniche

La sordità ha aperto la mia vita a esperienze uniche

La storia di Simona Cascio, capitana della Nazionale Femminile Sorda di Basket

a cura di Luisa Carretti e Donatella Esposito Caserta



La storia di Simona Cascio è quella di una ragazza sorda siciliana, che, grazie al sostegno e alla cura dei genitori e al suo impegno, è riuscita a realizzarsi. Oggi è capitana della Nazionale Femminile Sorda di Basket e riconosce allo sport il merito di averla aiutata a stare in un contesto di squadra, a rispettare le regole, a rispettare gli altri, rispettare anche me stessa, e alla sordità quello di averla resa unica, aprendo la sua vita a esperienze che altrimenti non avrebbe fatto.

UNA DIAGNOSI IN ETÀ PRECOCE
A poco meno di un anno è arrivata la diagnosi della sordità, grazie all’attenzione della mamma che si accorge subito che se stimolata da rumori molto forti non piangeva, al contrario del fratello.
Senza perdere tempo, giusto quello di metabolizzare la notizia, nei giorni successivi è iniziato il percorso con audioprotesista e logopedista con cui ha lavorato in modo mirato e intenso per colmare il gap linguistico, in modo da frequentare l’asilo serenamente e potendosi confrontare con i compagni.

UN PERCORSO SCOLASTICO TRA GLI UDENTI
Scuola dell’infanzia, scuola primaria, medie e poi scuole superiori e università, il suo è un percorso di studi che procede liscio, senza intoppi e con soddisfazione. Era una persona sorda tra gli udenti, cresciuta da oralista e che non conosceva ancora la Lingua dei Segni. Non ha mai sentito la necessità di essere affiancata da un tutor o da un interprete scolastico, ha fatto tutto da sola e lo rivendica con orgoglio. A scuola, tra i suoi amici udenti, non si è mai sentita isolata o discriminata, forse solo in parte durante le scuole superiori, quando ancora non esisteva la tecnologia che usiamo oggi e i suoi compagni, a differenza sua, potevano utilizzare il telefono. Con l’università arriva la laurea triennale e magistrale entrambe superate brillantemente. “Per quei voti”, specifica con orgoglio, “non devo ringraziare nessuno, solo i miei genitori che mi hanno supportato durante le mie crisi pre esame”.

LA PASSIONE PER IL BASKET E LA SVOLTA ALL’EUROCUP 2010
Una passione nata per caso, guardando il fratello giocare durante gli allenamenti al palazzetto dello sport. Ha iniziato a seguire corsi, ad allenarsi, a giocare in squadre femminili locali di udenti fino alla svolta, arrivata a ventuno anni. Le arriva una email dalla direttrice tecnica Beatrice Trenti dove le viene chiesto di partecipare all’EuroCup 2010, una competizione tra società, non quindi in rappresentanza della nazionale. Proprio durante questa manifestazione e grazie agli ottimi risultati raggiunti, prende avvio il progetto di dar vita a una Nazionale Femminile Sorda di Basket, che si concretizza a settembre 2011 con la partecipazione ai mondiali che si sarebbero svolti a Palermo.

UN DEBUTTO DIFFICILE E LA SCOPERTA DELLA LIS
Il debutto nella nazionale per Simona non è stato eccellente. “Ero l’unica oralista mentre le mie compagne tutte segnanti”, ricorda. Ed è in quel momento che si è resa conto dell’esistenza di una cultura a cui appartengono le persone sorde e di una lingua, la Lis. D’impatto si è sentita disorientata, aveva solo amici e compagni di squadra udenti sino a quel momento (San Matteo serie B), non aveva mai frequentato persone sorde. Ma come sempre non si è persa d’animo e ha cominciato a studiare la Lis, lingua che adesso conosce bene. “La cosa curiosa adesso è che dopo 12 anni dalla nascita della nazionale le cose si sono ribaltate e in squadra ci sono solo due segnati e il resto oraliste”, osserva. “Io sono l’unica cestista rimasta dall’esordio e l’unica tra le oraliste che conosce la lingua dei segni. Adesso spesso mi capita di improvvisarmi interprete per agevolare la comunicazione tra le mie compagne segnanti e l’allenatrice, che è udente”.

LA NAZIONALE TRA VITTORIE E SCONFITTE
Il percorso della nazionale è ricco di soddisfazioni ma anche di sfide da superare. Dalle prime sconfitte imparano tanto, come ad esempio ad essere una squadra affiatata e cosa vuol dire far parte di una nazionale. Lei è così determinata da non perdere di vista l’obiettivo. Addirittura durante le semifinali europee del 2016, pur di non lasciare il campo, sistema il naso rotto per un incidente e in finale segna il canestro della vittoria. Dopo un mondiale positivo in Turchia dove confermano il terzo posto arrivano in problemi. Nel 2019, ai mondiali in Polonia, non riescono a confermare il terzo posto, ma agli Europei del 2021 a Pescara vincono la medaglia d’oro. “È stato un momento molto emozionante, unico. Per le norme anticovid sono stata io, la capitana, a premiare le mie compagne. Ed è stata la prima volta che tutte insieme abbiamo cantato l’inno di Italia in LIS accompagnate dal pubblico segnante.

LE TATTICHE IN CAMPO
Il basket è un gioco di movimento non c’è tempo di segnare durante il gioco, anche perché non possono utilizzare le protesi. È importante quindi approfittarne nei tempi morti, e durante il gioco è necessario sempre dare un occhio all’allenatrice che magari dà qualche direttiva da seguire.

DUE MONDI CHE DEVONO COMUNICARE
La storia di Simona, dimostra ancora una volta che nulla è impossibile alle persone sorde, ma ci deve essere collaborazione. Gli allenatori devono avere poche, semplici accortezze, come quella di spiegare senza dare le spalle al giocatore e alla giocatrice sorda.

Ma Simona è convinta che anche le persone sorde debbano essere più attive nel rivendicare il loro diritto a partecipare e chiedere se qualcosa non è chiaro. “Bisogna far capire che non stiamo disturbando, stiamo pretendendo che se non capiamo qualcosa deve essere ripetuto. L’allenatore è colui che ti segue e ti insegna e se davvero ci tiene, è disposto a ripetere le direttive tutte le volte che è necessario”.

LA FORTUNA DI ESSERE SORDA
Simona si sente fortunata, senza la sordità non avrebbe avuto tante delle esperienze che ha vissuto, non sarebbe stata la capitana della nazionale di basket, non avrebbe creato amicizie tanto forti, girato il mondo, ottenuto tutti i successi raggiunti. Sarebbe stata una qualsiasi ragazza messinese, al contrario invece, ha preso coscienza di quello che è lei: “una ragazza sorda completa in tutto e per tutto, che si trova a che fare con due mondi, il mondo udente a Messina e il mondo sordo con la nazionale”.

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