Segnare in uno spazio pubblico è fuori luogo?

Segnare in uno spazio pubblico è fuori luogo?

Un articolo apparso sul NY Times riapre il dibattito sulla relazione fra corpo e Lingua dei Segni

"It's rude to point" ("Non è educato indicare" trad.nostra), è il rimprovero che ricevette da un bimbo suo coetaneo, Rachel Kolb, sorda profonda e autrice dell'articolo The Deaf Body in Puclic Space, apparso lo scorso 28 settembre sul New York Times. Ma per lei ha anche significato l'inizio di una riflessione, diventata in età adulta sua materia di studio e di ricerca, sulle convenzioni che regolano l'interazione fra individui.

La cultura udente insegna che la conversazione ideale deve avere tre qualità: un buon eloquio, compostezza e autocontrollo. La cultura sorda al contrario ha bisogno di mani in movimento e capacità espressiva affinché l'interlocutore riesca a capire e partecipare al dialogo.

Una differenza che diventa evidente nei luoghi pubblici. Cosa succede se due persone sorde conversano sedute al tavolo di un bar? Tutti gli occhi dei presenti sono puntati su di loro, perché il loro conversare irrompe nello spazio comune, infrangendo le convenzioni condivise.

Se poi è un udente a segnare, scriva la Kolb, il dubbio su quanto sia opportuno fare o fare con le mani e il viso diventa il leit motiv delle conversazioni. "Dovrei fare questo? E' troppo?", è la domanda che le rivolgono spesso i suoi amici udenti, avendo paura di mettersi troppo in mostra.

Ritornando al rimprovere del bimbo ricevuto dall'autrice tanti anni addietro, lei stessa s'interroga su come un sordo potrebbe rispettare questo codice delle conversazioni fra udenti senza far perdere di chiarezza il contenuto della sua conversazione.

L'articolo pone una serie di interrogativi che riaprono il dibattito sull'uso del corpo per le persone sorde e riporta l'attenzione sull'opposizione fra una lingua estremamente visiva come la Lingua dei Segni e quella che si poggia esclusivamente sull'udito, come la lingua parlata con una riflessione: le qualità di una conversazione parlata ideale, con le loro "immobile talking heads" (immobili teste parlanti trad.nostra), i loro suoni privati dal corpo e disinteresse visivo, sono l'equivalente di una conversazione in tono monotono.


Ecco l'articolo completo: The Deaf Body in Public Space di Rachel Kolb


Foto: Unsplash.net - Anna Vander Steel