8 Segni di Culture e accoglienza

8 Segni di Culture e accoglienza

L’importanza di una buona mediazione linguistica e culturale

Uno degli appuntamenti di 8 Segni di Culture, cartellone che ha animato la primavera di MPDFonlus, ha avuto come tema l’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo affrontato dai due relatori ospiti dell’evento: Giovanna Tizzi, referente di Oxfam Italia, e Tommaso Sbriccoli, antropologo e referente di Verso Laboratorio Interculturale.

Se la prima ha fornito dati e statistiche sui flussi migratori evidenziando l’infondatezza di alcuni dei luoghi comuni più diffusi, per poi raccontare l’impegno di Oxfam in tema di accoglienza e accompagnamento all’integrazione dei migranti, il secondo ha spostato il focus sulla comunicazione e sull’accessibilità ad informazioni e servizi vitali per il benessere e il riconoscimento dei diritti di ognuno. Un argomento trasversale che può trovare nell’esperienza degli immigrati aspetti per certi versi simili a quella vissuta da persone che vedono negata o non riconosciuta l'accessibilità.

Le conseguenze di una cattiva traduzione

In un contesto vario dal punto di vista linguistico, come quello dei richiedenti asilo e rifugiati, e che prevede lo svolgersi di attività di estrema importanza per la vita e il benessere delle persone coinvolte – da quelle riguardanti cure mediche o psicologiche a quelle che concernono invece il loro percorso legale – la possibilità di avere accesso a bravi mediatori linguistici, che conoscano sia le lingue dei paesi di origine che l’italiano, è fondamentale. Una cattiva traduzione, in questi casi, può portare a danni assai significativi per le persone, sia in termini di salute che di riconoscimento dei diritti, che infine per quanto riguarda la comprensione delle norme e delle procedure del paese di accoglienza, con conseguenti ricadute sui processi di inserimento nel contesto sociale locale.

L’interprete negato

Tali esigenze spesso non vengono riconosciute e risulta difficile, se non impossibile, garantire la presenza di interpreti sia nei centri di accoglienza, sia presso le istituzioni con cui richiedenti asilo e rifugiati si trovano ad interagire (ospedali, questure, prefetture, etc.). Ciò produce naturalmente situazioni critiche, incomprensioni, mancanza di garanzie, ritardi nello svolgimento delle pratiche e persino conflitti.

Stessa lingua significati diversi

Molti beneficiari dell'accoglienza conoscono lingue europee e questo porta spesso a ritenere che la comunicazione possa avvenire in modo lineare, senza incomprensioni. Tuttavia, la lingua non è di per sé trasparente. Essa racchiude in sé significati che possono in realtà essere “spacchettati” solo se si conoscono il contesto culturale e sociale di provenienza dei parlanti. I termini, infatti, vanno letti e tradotti nelle loro relazioni reciproche e in rapporto alla visione del mondo dei parlanti, e non come segni capaci di veicolare in modo a-problematico significati univoci.

Una mediazione linguistica non basta!

Un buon mediatore linguistico è cosciente della necessità di tradurre in modo complesso, e non di trasporre in modo meccanico, un termine nell’altro, o meglio le relazioni tra termini di cui ogni discorso si compone.
In questo senso, ogni mediazione linguistica è anche, e soprattutto, una mediazione culturale, dal momento che il significato va veicolato in relazione a sistemi di valore e di comprensione e azione nel mondo che variano profondamente a seconda dei luoghi di provenienza delle persone.
Purtroppo, al momento la riflessione sull’importanza, il significato e il metodo della mediazione culturale sembra trovarsi ancora ad un livello molto arretrato in rapporto a quello che dovrebbe rivestire in questi contesti, dal momento che i richiedenti asilo e gli operatori del settore sono ancora costretti a confrontarsi quotidianamente con la difficoltà di ottenere la presenza di interpreti laddove essi dovrebbero invece essere garantiti.

(Post realizzato con la collaborazione di Tommaso Sbriccoli di Verso Laboratorio Interculturale)

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